Alessio Maria Romano

Il mio passato influenza il mio presente e quest’ultimo con i continui incontri, scontri e scoperte modifica sicuramente il mio futuro.

Il notevole lavoro sulla parola e sulla recitazione, in particolare con il maestro Luca Ronconi, mi ha permesso da subito di comprendere un mio personale interesse nei confronti di un’attenta analisi e studio dell’arte dello stare in scena. La sua lucida visione dei corpi nello spazio, il legame fra il pensiero, la parola e l’azione fisica hanno talmente sollecitato il mio interesse da portare man mano la mia ricerca sempre di più verso il rapporto tra la comunicazione non verbale e l’enunciazione del testo, l’attore e il suo movimento, quest’ultimo e lo spazio scenico. Cercando e studiando ho trovato nelle teorie di Rudolf Laban qualcosa che potesse aiutarmi a guardare questo campo in modo finalmente scientifico e consapevole. Da sempre appassionato di danza, ho vagato fra lo studio dei balli da sala, il tango argentino, la danza contemporanea, il mimo e le arti marziali. 

Ragazzo degli anni ‘90, frastornato fra una cultura del corpo esclusivamente sportiva e una danza eccessivamente esterofila o legata alla televisione, ho trovato nel teatro e nel teatro di movimento una disciplina e una espressività supplementare che mi permettessero di comprendere le istanze del corpo. Ho cominciato a seguire più mondi possibili legati al movimento, studiandone i principi e la pedagogia. Interessato a capire come portare il mondo corpo/movimento all’interno del teatro di parola ho iniziato a coadiuvare alcuni registi, fra cui lo stesso Luca Ronconi, per la preparazione fisica e l’organizzazione degli attori nello spazio scenico arrivando così a costruire vere e proprie coreografie teatrali.

Foto di Stefano Mazzotta

Negli anni ho definito il ruolo del “curatore dei movimenti” ovvero colui che cerca di capire e interpretare le esigenze spaziali e fisiche dei registi e quindi i corpi e i movimenti dei singoli attori vincendo nel 2015 il premio nazionale della critica (ANCT) come pedagogo e coreografo teatrale. Da subito mi sono posto la domanda come insegnare a dei giovani attori, all’interno delle accademie del così detto teatro di prosa dove lavoro ovvero la Scuola del Teatro Stabile di Torino e del Piccolo Teatro di Milano. Questa, la mia continua ricerca: l’incontro con i corpi, la loro natura organica e razionale, l’intreccio e i limiti di queste categorie, il loro mondo e la relazione con quello che sono io. Da tutto questo è nata l’esigenza di andare oltre le ore di scuola al fine di trasformare lo studio in un linguaggio scenico personale.

Nell’estate del 2016 ho invitato alcuni miei ex allievi a studiare in modo autonomo, in un ambiente esterno alla scuola, ed è così nata la compagnia AMR. Osservare il mondo reale, gli spazi architettonici nella loro contraddizione, i corpi che si spiegano e reagiscono allo spazio secondo codici sociali e fisici ma anche meccanici spesso inconsapevoli. L’incontro con gli spazi di libertà del sé e con l’altro. Vago, registro e poi vado in sala. Continuamente in dubbio e alla ricerca di un senso del teatro oggi, cerco una grammatica del movimento che mi permetta di parlare e dire qualcosa al di qua e al di là del significato delle parole. Un codice, un senso ma anche una sensazione, che la natura delle azioni nella singola meccanica del gesto può creare senza specifiche definizioni. Sono un ricercatore di azioni e quindi di relazioni presenti e immaginarie. Sono un investigatore di corpi persi nello spazio, alla ricerca di una propria identità ma anche di una libertà anatomica e relazionale.

L’incontro con l’altro e la conseguente dinamica che ne può nascere sono al di là delle parole è quindi la mia indagine. Una dinamica fisica ma anche emotiva. L’altro può essere uno o più di uno e come in un dialogo agisco per reagire e viceversa. Un numero maggiore di altri crea una collettività viva e in continua trasformazione che segue leggi non sempre logiche, proprio come i movimenti degli stormi o delle masse, tema dello studio “Choròs”. Quali leggi fisiche, matematiche, letterarie e psicologiche antropologiche stimolano questi incontri/scontri? Chi ne sono i soggetti? In ogni lavoro c’è un pezzo del precedente come un passato che diventa presente ma anche come un incastro che si aggancia meccanicamente con il nuovo, nel tentativo di un percorso coerente ma anche incoerente di ricerca.